Sempre più crescente è la richiesta di spazi in metropoli come New York soffocate dall’enorme crescita della popolazione, tanto da rendere sempre più prezioso il suolo edificabile e sempre più una scommessa trovare un posto per i tanti clochard che crescono di numero insieme alla città. E’ una vera e propria sfida per l’architettura urbana in cerca di soluzioni, nuove prospettive ed altri punti di vista. Una delle possibilità per creare nuovi spazi abitabili sembrerebbe da ricercare nell’architettura parassita.
Di cosa si tratta?
Col termine di architettura parassita s’intende la costruzione ed annessione di nuovi corpi architettonici ad altri già esistenti, creando una struttura in cui soluzioni innovative si sommano ad architetture del passato. Si parla di architettura parassita dagli anni 80 circa. A quel tempo la produzione vedeva spesso opere o architetture temporanee che rispondevano più a canoni di nuova estetica che all’effettiva necessità, camminando tra arte avanguardistica e architettura. Oggi, accantonando l’estetica, la riqualificazione urbanistica “parassita” passa principalmente per una semplice addizione, benché non manchino comunque esempi di spettacolarità.
A New York la proposta è giunta da un’agenzia creativa di Oslo, la Framlab, che ha concettualizzato gli Homed, strutture esagonali addizionali che potrebbero fare da ricovero per i senzatetto. Questo progetto sperimentale si basa sull’idea di utilizzare spazi della città spesso trascurati, come per esempio le pareti cieche di edifici che emergono da tessuti abitativi di volta in volta modificati in seguito a successivi sviluppi urbani. A sfruttarsi qui è la verticalità cittadina e non l’orizzontalità. La scelta dei moduli è dettata dalla facilità di impilarsi, creando una sorta di alveare, e dalla semplicità di montaggio e smontaggio della cella che può quindi facilmente adattarsi ad altri cambiamenti urbani. Rivestiti di alluminio ossidato in grado di resistere sia alle temperature calde dell’estate che a quelle rigide dell’inverno, i moduli sfruttano la tecnica della stampa 3D da bioplastica. Gli accessi sono dati da scale inserite all’interno dei telai dei ponteggi. Gli ambienti recano letto, scrivania e elementi integrativi che permettono anche personalizzazioni. Ci sono anche celle con doccia e servizi igienici. Le vetrate usano la tecnologia smart-glass che permette di passare dal trasparente all’opaco. Si è inoltre pensato di sfruttare ulteriormente le celle per migliorare l’estetica dell’ambiente esterno, affidando alle vetrate la riqualificazione dei muri vuoti con visualizzazioni di opere d’arte digitali, informazioni o spot.
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