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Tiziana Gualandi è nata a Bologna. Il suo percorso formativo passa attraverso il diploma di maturità d’Arte applicata presso l’Istituto Statale d’arte di Bologna e il diploma di laurea in Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. È allieva del pittore Sergio Vellani, di cui frequenta lo studio, e lavora come decoratrice. Nei suoi quadri riporta le immagini che la emozionano: tramonti, mari, spiagge, ma non solo. Le sue opere sono esposte, fin dagli anni Novanta del secolo scorso, in numerose mostre collettive. Al suo attivo ha anche tre personali allestite in varie location nella sua Bologna: “La spiaggia delle emozioni” nel 2008, “Il mondo colorato dei mici” nel 2014, “I quadri raccontano” nel 2015. Tra i riconoscimenti ricevuti, il Gran premio internazionale la Pace nell’arte nell’aprile 2012, il Premio Internazionale Arte Milano nel luglio 2017, il Premio Internazionale Paolo Levi nel dicembre 2017, il Gran Premio Art Festival in the word conferito dalla Maison d’Art di Padova nel dicembre 2019.

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Scenografa, artista di teatro danza, a Nada Graffigna piace manipolare la materia e cambiare i materiali di interazione, essere eterea, istintiva, grafica, astratta, descrittiva, colorata, imprevedibile… Nada muta come ciò che vuole rappresentare e non vuole essere catalogata in un unico linguaggio stilistico. Ha un passato da restauratrice, ha decorato, talvolta riprogettato e riproposto schemi di decorazioni a Trompe l’oeil tipici del luogo in cui abita, Genova. Le piace pensare che l’arte è suoi muri, sulla stoffa sulla pelle, sulla carta, sulla tela… Espone in strada e ad eventi in performance ed estemporanee, eventi culturali, laboratori artistici. Tra questi la performance di body painting alla Terza edizione “Non solo rosa…donne in fantasia” Pigna, Sanremo (2013). Partecipa a eventi live di pittura da vivo: Art fusion Group (2011-2013); torneo Art Battle (Genoa/ Italy) coordinato da Art Battle Canada torneo 2018/19, 2019/20 e viene selezionata per rappresentare l’Italia ad Art Battle Online 2020.

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Gorfi nasce nel 1964 a Neuilly-sur-Seine, in Francia, in una famiglia di artigiani. Fin da giovane si dedica al disegno e alla modellazione. Successivamente utilizza la tecnica dell’acquerello per acquisire le basi tecniche, quindi passa alla pittura ad olio e alla pittura a coltello prima di trovare il giusto mezzo espressivo. In pittura i suoi temi preferiti sono i paesaggi e le situazioni quotidiane. L’artista è sempre spinto da un’emozione provata o dal desiderio di affrontare un argomento sociale. Luce, pittura, spiritualità, parole per raccontare una storia di sentimenti, per condividere una ricerca di serenità e pacificazione.

La tecnica della pittura acrilica gli permette una ricerca di luminosità e allegria da trasfondere sulla tela.

Per la scultura utilizza materiali trovati come legno, metallo e cemento cui offre una seconda vita. Questi materiali gli danno la possibilità di creare personaggi che prendono vita. La fonte di ispirazione trova la sua origine nella prima arte africana e dei nativi americani.

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Giovà vive e lavora a Padula. Designer dell’azienda di famiglia, specializzata in lavorazione di marmo, l’artista è dedito in particolare alla scultura. Erede della tradizione locale, Giovà ha trovato nuove motivazioni esistenziali alla soglia dei cinquant’anni. Il filo rosso che lega l’intera sua opera scultorea affonda le radici nelle Sacre Scritture e ripercorre – in un’ottica più improntata ad una reinterpretazione anche in chiave antropologica – la storia biblica dell’uomo utilizzando piani allegorici. La pietra è al centro di ogni cosa, porta racconti millenari, parla, dà sfogo alla geologia e alla mineralogia, ai fossili. Ricostruisce alfabeti perduti, ma è anche parabola cristologica. La pietra vive, come le sculture di Giovà, che racconta la Bibbia a suo modo, come un libro a fumetti. Recente è la creazione di un’opera mastodontica, la Genesi, fatta di sette blocchi, dove tra pittura e scultura l’artista padulese “cuce” i diversi ambienti. Sulla stessa falsariga, la scultura del “Roveto ardente”, da cui Dio parlò a Mosè. E ancora tele ambientaliste con alberi e pietre incastonate e poltrone in marmo.

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Chiara Giorgi nasce artisticamente come autodidatta iniziando dalla pittura ad olio per poi evolvere naturalmente verso l’acquarello e le tecniche miste.

Pittura e scultura in marmo diventano i suoi campi di esplorazione artistica. È appassionata di ricerca del colore, di psicologia della forma e di espressione umana rivelata nella verità dello sguardo e degli occhi. I volti rimangono immobili e fotografici, come a fermare il tempo nella tensione artistica.

Nel dipingere Chiara Giorgi ritrova la dimensione di armonia della realtà così come la si percepisce quando l’attenzione si libera da tensioni e routine quotidiana. La pittura è per la Giorgi la forma di liberazione della vera natura delle cose: armonia ed esplosione vitale.

Pedagogista e insegnante, esprime nell’arte la sua natura.

Ha partecipato a mostre internazionali a Parigi, New York, Abu Dhabi, Dubai, Roma, Firenze nell’ambito di tour artistici.

Attualmente è quotata nel mercato artistico.

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Daniela Gilardoni, dopo anni di lavoro nel sorgente mondo dell’informatica, nel ’79, scopre e s’innamora del vetro e inizia la sua personale ricerca e sperimentazione con questa affascinante materia. Per 17 anni lavora e crea i suoi vetri d’arte nello studio di MILANO e nel ‘96 trasferisce lo studio a PAVIA.

E’ membro direttivo e organizzatrice di mostre de “La Casa delle Artiste” di Milano, l’associazione no-profit che ha gestito dal 2014 al 2021 il Museo “Alda Merini”, nonché presidente onorario dell’ass. Milano Arte di Carla Zucchi.

Artista internazionale, partecipa a mostre con patrocini istituzionali. È curatore Italia del progetto artistico internazionale Broken Forests del NRCC di Ontario Canada per la salvaguardia delle nature selvagge e sacre.

L’originalità intrinseca alla sua produzione artistica trova la sua motivazione più forte nella scelta di creare qualcosa di unico. L’utilizzo del vetro come materiale principale delle sue creazioni è un elemento  di grande personalità che dimostra quanto il suo approccio all’arte sia vasto e creativo.

Gli ambiti che indaga attraverso le sue opere sono molteplici: dai temi sociali, ecologici e di attualità, alle opere di pura fantasia. Dal 2019 aggiunge una nuova branchia sperimentale della sua arte dedicandosi ad arazzi con stoffe di riciclo e di sua produzione.

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Mario Formica, diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Urbino, sezione di Scenografia, ha lavorato come scenografo in Ancona e provincia, allestendo spettacoli come “Cats”, “Il Fantasma dell’Opera” e “Spirito Allegro”. Sempre nella stessa provincia, ha curato la scenografia di diverse mostre di pittura e due mostre fotografiche, di cui una realizzata in un granaio in mezzo a macchine agricole.

Dal 2004 dà inizio ad una produzione dal titolo «Rifiuto Secco Differenziato» in cui mantiene la propria tendenza al figurativo influenzata dall’interesse per l’arte preromanica e romanica ma sostituisce le architetture e il paesaggio con parti meccaniche, stilizza maggiormente le figure e risolve il chiaroscuro nel rilievo delle schede di un computer. Da questo momento la sua arte si proietta verso una nuova Arcadia che oppone il mito alla cruda realtà circostante.

Ha partecipato a diversi eventi, tra cui: Russian Art Week, San Pietroburgo, 2016; Disarmiamo l’ignoranza, Castel dell’Ovo, Napoli, 2017; Contemporary Art Festival, Pechino; Face’ARTS, Rocca Roveresca, Senigallia; ANIMarte, Palazzo Fruscione, Salerno, 2018; Archeosolidale, Museo Archeologico, Nola; Face’ART, Forte Malatesta, Ascoli Piceno, 2019; RiArtEco, Genova, Siena, Roma, Napoli.

L’artista ha anche un’opera in esposizione permanente al Club Ferrari di Roma e diverse opere alla Galleria Rosso Cinabro di Roma.

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Eccentrica, stravagante, dominante spirituale Maria Palma Lucia Filasieno, in arte Mapalù, è nata a Basingstoke (Gran Bretagna) il 12 settembre 1981. Ama la pittura fin da bambina e predilige la tecnica ad olio su tela. Nonostante strascichi di vita lavorativi poco concilianti, la passione per l’arte è sempre rimasta al primo posto come una devozione, come nutrimento dell’anima. Nei suoi dipinti esprime il suo amore per i colori, ponendo un’attenzione particolare agli occhi dei suoi soggetti, come se celassero messaggi impliciti del loro io. Nel 2018, grazie al comune di Settimo Torinese, Mapalù riesce ad arrivare ad esporre i propri quadri in onore della festa della donna all’interno della torre medioevale, nel cuore della cittadina.
“Quando dipingo non c’è tempo, il tempo si ferma, non c’è spazio, non c’è dimensione, come se la terra smettesse di girare – spiega l’artista – Tutto intorno a me si annienta, svanisce: sono io, la tela e i colori… benvenuti nel mondo di Mapalù”.

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Pittrice e scenografa nata a Fermo, Maria Teresa Eleuteri ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Macerata ed è docente di Storia dell’Arte e Discipline Pittoriche.

La sua pittura si propone come una lirica trasposizione di una realtà riletta tramite una personale e sensibile visione. Nelle sue opere, l’immagine è elegante e risolta con grazia compositiva, in un colore luminoso che unisce spontaneità grafica e una felice capacità comunicativa.

Ha tenuto varie personali sia in Italia che all’estero riscuotendo notevoli consensi da parte di pubblico e critica. Ha ottenuto premi e riconoscimenti in rassegne e manifestazioni d’arte nazionali e internazionali.

Le sue opere sono pubblicate su prestigiose riviste e cataloghi d’arte recensite da illustri critici.

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Nato a Chiaravalle, in provincia di Ancona, Daniele Donna è cresciuto a Villanova, un piccolo quartiere di periferia di Falconara Marittima. Oggi vive in un paesino di cinquemila anime, Polverigi.

I genitori artigiani gli hanno trasmesso la bellezza del “fare” e del saper apprezzare il dettaglio.

Sin da piccolo impegnava il tempo disegnando. Quando frequentava le scuole medie ha cominciato ad usare i colori a olio, regalo dei genitori, salvo poi riporli in un cassetto quando aveva 18 anni. Ma quel cassetto rimasto chiuso per quasi 20 anni, si è riaperto in un momento in cui l’artista ha cominciato ad avvertire il bisogno di “parlare” un po’ più con se stesso. «Mi sono ritrovato – racconta – in un luogo dove non esiste più tempo, dove le cose nascono ed i pensieri muoiono, dove in ogni pennellata c’è un po’ di te e tutto si fonde nella tela». L’incontro con un professore ha fatto il resto, rendendolo un artista consapevole, capace di cimentarsi in più tecniche benché resti la predilezione per l’olio.

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