….«Mi trovo nell’arte e nell’artigianato, a metà di un percorso che unisce questi due estremi – dice Vitolo –. Adoro costruire, lavorare il legno. Sono nato artigiano, poi sono diventato artista. Tutto ha avuto inizio come un gioco. Usare i pennelli, i colori. Un giorno le ho chiesto di non lavorare. Sono andato a comprare dei colori e ho preparato io stesso delle tele. Ho iniziato a fare un astratto scoprendo come abbinare le tonalità. Realizzando quella tela, mi è accaduto qualcosa: sono stato visitato dentro. Ho messo a terra il quadro per farlo asciugare. L’ammiravano le persone che passavano. Così ho continuato a dipingere e ho preso a fare mostre». È l’inizio di un nuovo percorso…
«… dissero che io lasciavo l’impronta sulla tela e poteva bastare anche se non avessi firmato il quadro. Oggi la bottega artigiana esiste ancora, trattiamo cornici, vendiamo quadri in una piccola galleria. Ma il mio percorso d’artista è cresciuto. La mia pittura è pura, materica. Uso tecniche miste. Non solo dipingo, ma spesso costruisco i soggetti per incollarli sulla tela».
L’uso dei colori, i volti, le frenesie paesaggistiche, sono state paragonate a Sandro Chia e alle direttive transavanguardiste. Ma più di tutto, ad attrarre pubblico e critica sono state le sue barche.
…Ciò che guida Roberto Vitolo è l’istinto. Non cela alcun simbolo intellettuale, nel senso accademico e di formazione del termine. È poesia vorticosa, getto d’acqua di un gioioso ascoltare l’origine delle cose del mondo. Le sue tele sono esse stesse riflesso di uno stare, alla mercé del vento salato e del mare. Come a voler imitare su tela gli stimoli e le prove difficili dell’esistenza, da affrontare solo per poter navigare sul limite degli orizzonti, solo per poter dire di essersi incontrato – lui, uomo e artista – con i suoi strati primordiali, nelle tele dipinte e ricoperte dal tramestio del pennello.
Articolo completo sulla rivista IconArt Magazine n° 17