…Isabella Rodriguez (in arte Irod) si definisce “figlia d’arte” ma anche “artigianista”. E in questo termine, come lei stessa dice “fra artigiana e artista” prende vita tutto il senso del gesto, della progettazione immaginifica, del rito quotidiano all’atto puro, non seriale, unico nel suo genere pur rimanendo lo stesso. Digital artist, vero. La Rodriguez – romana, di lontane origini siciliane e spagnole – usa la stampa, i colori, gli oggetti, il collage, ogni tipo di tecnica per abbattere il muro che divide reale da digitale, colonizzando lo spazio mediano. Nata a Roma, dove tuttora vive e lavora, la Rodriguez ha ultimato una “collana” di tele dedicate alla Kahlo. Ispirata dalle stagioni, ce la rappresenta fra grappoli d’uva, agrumi, rose di colore diverso, dal blu elettrico al rosso sangue, stelle marine, spighe di grano e girasoli che emergono da uno sfondo colpito a pennellate a formare gioielli di pigmenti materici. La partenza: da una foto, un’immagine trattata grazie a software di grafica digitale…
La svolta arriva circa dieci anni fa quando un episodio grave ne capovolge la vita. «Sono seguiti anni duri ma anche anni di riflessione e soprattutto di studio – ricorda –. Così ho ampliato le mie conoscenze con il Feng Shui, l’Ikebana, l’Arte del Riordino Zen. Un libro illuminante su Gandhi mi ha insegnato che per essere veramente felici si deve lavorare con le mani…»
Arrivati a questo punto della storia, ci si accorge come “digitalartist” in fondo non significa quasi nulla, se non incardinato all’interno di un percorso ampio, di vita vissuta, di esperienza dolorosa e mutevole, dove le cose “non buttate” trasmutano in altre. Gli oggetti si trasformano, vengono riciclati, rientrano in un nuovo respiro d’osmosi. «…nasce uno stile che è un mix di Digital Art. Amo molto trasformare scatti fotografici in immagini inedite, da personalizzare una volta su tela con pittura acrilica e infine con l’aggiunta di elementi materici come fiori, tralci, sassi, pezzi di legno e di tessuto, conchiglie, pietre. Privilegiando la scelta di materiale di recupero. Un mio vezzo è personalizzare il quadro con una essenza profumata, idonea e in qualche modo pertinente al soggetto che ho dipinto. La collezione di Frida, in primis. Perché ogni Frida seppure uguale, è diversa. E ogni quadro cattura in maniera differente l’attenzione di chi lo guarda. Lo sguardo di Frida è coinvolgente, totalizzante, ti rapisce. Quando la dipingo sono stregata dai suoi occhi ed è come se fra noi ci fosse un dialogo silente…»
Articolo completo sulla rivista IconArt Magazine n° 16