C’è tempo fino al 4 febbraio 2019 per ammirare la grande retrospettiva dedicata all’arte di Joan Mirò alle Galeries Nationales del Grand Palais di Parigi. La mostra è intitolata “Joan Mirò il colore dei miei sogni” e attraverso circa 150 opere tra dipinti, ceramiche, disegni, collage, illustrazioni e sculture ripercorre la vita dell’artista fin dagli esordi. La molteplice e variegata produzione confluita nell’esposizione sottolinea la grande poliedricità creativa dell’artista espressasi in varie forme dell’arte. Sono tutti prestiti importanti da musei internazionali e collezioni private che segnano le tappe fondamentali del percorso artistico di Mirò.
L’artista catalano infatti ha abbracciato diverse correnti: Fauves, Cubismo, Dadaismo, prediligendo sempre però il colore e diventando così uno dei maggiori esponenti del Surrealismo, a cui ha consegnato nuove connotazioni di stile, dove forme e segni si corrispondono secondo la sua predilezione per il linguaggio onirico.
Il suo stile si è anche espresso come risposta ai fanatismi politici incombenti nella sua epoca, a cui ha sempre opposto l’universo onirico a volte delicato come nella serie delle Costellazioni del ’40 e ’41 e a volte invece violento come nei dipinti degli anni ’30.
Capace di evocare mondi poetici attraverso forme diverse ed innovative, il suo stile caratterizza anche le sculture e le opere in ceramica ed è prodotto di un’incessante ricerca e rinnovamento ancora più evidente nella produzione degli ultimi 25 anni.
Tutto ciò è percorso in questa mostra che si apre proprio con i primi periodi fauves (1912-17), segue con il momento cubista (1916-19) e poi il surrealista degli anni ‘25 in poi, passando per il periodo trascorso a Parigi (dal 1920) dove frequentò Paul Eluard, Michel Leiris, Tristan Tzara e Robert Desnos, conobbe André Masson e Picasso, per gli anni ’30, quelli dell’inizio della produzione di sculture, collage e opere in ceramica e per gli anni ‘40 caratterizzati dalla serie Costellazioni. A chiusura del percorso, i grandi formati dipinti a Palma de Maiorca come il trittico “La speranza del condannato a morte”.