La sacra arte è il tema affrontato dall’artista Domenico Sorrentino nel nuovo articolo per la consueta rubrica “A scuola d’arte” della rivista IconArt Magazine…
Giotto pare facesse il pastore prima che Cimabue scoprisse il suo talento. È questo forse il motivo per cui riusciva a veicolare in modo così pulito le sue intuizioni. Non aveva sovrastrutture culturali, era senza indottrinamenti sull’arte. Gli commissionarono un lavoro e lui, con una tecnica precisa e raffinata, tradusse in un linguaggio universale l’idea intuita. Questo vale anche per il Beato Angelico: pregava e dipingeva per gli iconografi ortodossi. Entrambi dipingevano cose che sentivano onestamente, in cui credevano e su cui fondavano la loro fede. All’artista non veniva richiesta la conoscenza della storia dell’arte ne’ quale fosse la sua personale visione dell’immagine da raffigurare. Veniva richiesto, invece, l’uso di un linguaggio che non parlasse solo a lui, ma che racchiudesse un insieme di simboli condivisibili con un qualsiasi osservatore.
… Un autore non poteva (e non voleva) rappresentare la Madonna, in una maniera che piacesse a lui… Si doveva attenere ad una serie di simbologie e gestualità che non creassero equivoci sul fatto che fosse la madre di Dio. La composizione doveva indurre riverenza… Le mode cambiano, ma il nostro impianto emozionale è sempre lo stesso. La Vera Arte non può che essere universale, rivolta a tutti e senza intermediazioni. Un autore potrà raggiungere questo obiettivo solo quando si sarà ripulito dagli schemi sociali e mentali del suo tempo e dal suo ego grossolano e banale. Deve scomparire come personaggio, liberando la sua parte umana semplice e diventando proprio come un pastore che, da solo, conduce i suoi animali in un anonimo pascolo in un tempo qualunque.
Articolo completo sulla rivista IconArt Magazine n°08