Un giornalista, un romanziere innovatore ma anche un critico pungente e satirico. Poche e precise parole per ricordare Thomas Wolfe, personaggio di rilievo della letteratura e del giornalismo statunitense, recentemente scomparso (14 Maggio 2018).
Un dandy contemporaneo
Noto ai più per il famoso best seller “Il falò delle vanità” – di cui rimane anche una riduzione cinematografica a firma di Brian De Palma, dall’indubbio successo di critica – Wolfe ha lasciato un’immagine della società statunitense – in particolare – ed occidentale – in generale – cruda, realista e diretta. Forse nessuno come lui ha saputo catturare e delineare meglio, nelle sue sfaccettature e modus vivendi, quella figura dell’uomo in continua ricerca di status sociale, spasmodicamente preoccupato dell’opinione dei propri pari. Se i personaggi della sua letteratura incarnano questo stereotipo, allo stesso tempo è stato lui stesso quasi a giocare con lo stile che racconta, nella vita di tutti i giorni. Tipicamente riconoscibile, infatti, nella sua iconografica figura elegante, dall’abbigliamento a tre pezzi tendenzialmente sui toni del bianco, Wolfe si presentava come una sorta di dandy contemporaneo capace anche di individuare le tendenze del tempo e coniarne definizioni che sono diventate di uso comune, come di “Radical Chic” o “The ‘Me’ Decade”.
Il New Journalism ed il successo letterario
La sua grandezza però è stata anche quella di aver saputo trasporre la sua vena creativa nel giornalismo, facendosi fautore di un nuovo stile, il “New Journalism”, un giornalismo narrato che poteva dare lo stesso piacere di un libro, usava espedienti letterari, rompeva con le regole tradizionali, ma che ha dato vita ad un vero e proprio genere e che lo ha poi spinto alle avventure letterarie. Era infatti convinto che non si potesse raccontare se non attingendo alla realtà ed era altrettanto stupito che gli scrittori americani della sua generazione non si confrontassero con le questioni sociali del loro tempo. Da qui la nascita di romanzi come “Il falò delle vanità”, in cui viene denunciato l’intreccio tra denaro, potere, avidità e vanità della New York degli anni ’80 e che, per quanto abbia diviso la critica tra quelli che ne hanno elogiato l’autore come diretto prosecutore dell’opera di Balzac e Zola e quelli che lo hanno definito semplicemente frutto di un giornalismo intelligente, è stato tra i 10 libri più venduti nel 1980. Anche “Un uomo vero”, il suo secondo romanzo ha avuto un grande successo commerciale. A questi si sono accompagnati “Io sono Charlotte Simmons” e “Le ragioni del sangue”, oltre ad innumerevoli saggi ed articoli giornalistici.
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