In attesa che finalmente si possa ritornare a godere della bellezza delle opere d’arte dal vivo, tra corridoi e sale di musei, ritorna – naturalmente sempre in modalità virtuale – la singolare mostra “Imperatrici, matrone, liberte”, inaugurata nel novembre dell’anno scorso agli Uffizi e chiusa il giorno dopo l’apertura a cause delle ristrettezze legate all’emergenza Covid.
Vita breve, dunque, trasformata poi in un’altra modalità di fruizione che potesse rendere onore comunque a questa esposizione che non solo permette la conoscenza di una vasta parte della collezione archeologica custodita nel museo, ma restituisce uno spaccato, diverso dall’immagine tradizionale, del mondo delle donne romane.
Novità assoluta per gli Uffizi, relativamente alla modalità di fruizione di questa mostra, è quella di essere riusciti per la prima volta a digitalizzare completamente l’esposizione in alta definizione, permettendo anche di ingrandire le opere per osservarne i dettagli, visualizzare le didascalie e i testi esplicativi sia in italiano che in inglese e, grazie ad una nuova funzionalità, consultare le schede complete dell’opera conservate negli archivi.
Così direttamente da un tablet o da un cellulare è possibile fare un tour virtuale gratuito tra circa trenta opere provenienti sia dagli Uffizi che dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze e dalla Biblioteca Nazionale Centrale legate alla figura della donna romana dell’età imperiale. Sono busti celebrativi, are funerarie, iscrizioni, statue, monete, disegni ognuno narranti una storia capace di svelare un altro volto della donna romana, tra segreti, battaglie di emancipazione, ruoli politici, vita quotidiana.
Tra modelli positivi e negativi di imperatrici e donne potenti e storie di vita quotidiana di matrone e liberte si può trovare una figura di emancipazione femminile e potere come quella di Pompeia Trebulla, potente matrona di Terracina, capace di restaurare a proprie spese il tempio dedicato a Tiberio e alla madre dell’imperatore e guadagnarsi così un posto d’onore, accanto ai nomi dei vari Augusti. Ma si può anche scoprire una storia come quella di Giunia Atte, prima schiava e poi liberta, sposata al suo padrone e da lui stesso maledetta dopo l’abbandono di lei in seguito alla morte della loro figlia.
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